AGI – Dopo il coro di critiche arrivate da governi internazionali, Ong per i diritti umani e Onu in seguito al raid mirato in cui lo scorso 10 agosto sono stati uccisi cinque giornalisti palestinesi a Gaza City, l’esercito israeliano (Idf) si è difeso assicurando di aver adottato “numerose misure” per mitigare i danni ai civili nell’attacco in cui, tra gli altri, è morto anche il corrispondente di Al Jazeera in lingua araba, Anas al-Sharif, accusato dall’Idf di “terrorismo”.
L’esercito ha subito rivendicato il raid che ha colpito i giornalisti mentre si trovavano in una tenda vicino all’ospedale Al Shifa, nella parte orientale di Gaza City. Nel suo comunicato, ha riferito che al-Sharif guidava una cellula di Hamas nel Nord della Striscia ed era “responsabile di attacchi missilistici contro i civili e le truppe israeliane”; come prova, l’Idf ha citato informazioni di intelligence e documenti scoperti a Gaza e che a suo dire “sono stati precedentemente divulgati”.
Chi era Al-Sharif secondo Israele
Nel profilo di al-Sharif, definito un “terrorista che si spacciava per giornalista“, Israele riporta il suo presunto numero di matricola militare e la data di affiliazione ad Hamas (3 dicembre 2013). Al Jazeera, finanziata dal governo del Qatar, ha respinto tutte le accuse e, prima della sua morte, lo aveva fatto anche lo stesso al-Sharif.
Condanne internazionali
“Il deliberato attacco ai giornalisti da parte di Israele nella Striscia di Gaza rivela come questi crimini vadano oltre ogni immaginazione”, ha dichiarato il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, su X. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha condannato le uccisioni, affermando che le azioni dell’esercito israeliano rappresentano una “grave violazione del diritto internazionale umanitario“. Anche il primo ministro britannico, Keir Starmer, si è detto “gravemente preoccupato” per i ripetuti attacchi alla stampa. Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti sono 192 i giornalisti uccisi a Gaza dal 7 ottobre, di cui almeno 184 uccisi da Israele. Altre stime arrivano a quasi 270 vittime.
Le vittime del raid e le accuse dell’Idf
Le altre vittime del raid di domenica sono: il reporter Mohammed Qraiqeh e i cameraman Ibrahim Zaher e Mohammed Noufal, tutti di Al Jazeera (inizialmente l’emittente qatariota aveva parlato di cinque suoi dipendenti uccisi). Anche il freelance Mohammad al-Khaldi ha perso la vita nell’attacco. Rispondendo al quotidiano Times of Israel, che ha chiesto il motivo per cui l’Idf ha scelto di colpire al-Sharif mentre si trovava con altri colleghi, l’esercito ha ribadito le accuse di “terrorismo” e ha assicurato che “prima dell’attacco, sono state adottate numerose misure per ridurre il rischio di danni ai civili, tra cui l’uso di munizioni di precisione, sorveglianza aerea e ulteriori informazioni di intelligence“.
“Le organizzazioni terroristiche nella Striscia violano sistematicamente il diritto internazionale, sfruttando crudelmente le istituzioni civili e la popolazione come scudi umani per attività terroristiche”, sostiene l’esercito. Una fonte militare ha riferito al Times of Israel che, oltre ad al-Sharif, l’attacco era mirato ad altri “terroristi incriminati“, vale a dire membri verificati di gruppi terroristici. La fonte, però, non ha fornito dettagli su chi e quanti degli altri giornalisti fossero ritenuti presumibilmente terroristi.
Gli attacchi social
Il portavoce in arabo dell’esercito israeliano, Avichay Adraee, in precedenza aveva attaccato sui social al-Sharif per il suo lavoro, facendo alzare anche il livello di allarme sulla sua incolumità. Il 23 luglio, Adraee ha definito “una produzione hollywoodiana” i servizi del giornalista che mostravano il livello della malnutrizione dei civili di Gaza.
Il giorno dopo la sua uccisione, sempre Adraee ha pubblicato su X una foto di al-Sharif con Yahya Sinwar, la mente dell’attacco contro Israele del 7 ottobre 2023, e altri funzionari di Hamas. Non è chiaro quando siano state scattate le immagini, né come i militari israeliani le abbiano acquisite. Adraee ha scritto che “solo un terrorista siederebbe agli incontri di terroristi”, riferendosi agli esponenti di Hamas nella foto, ma non ha fornito alcun contesto sul motivo per cui al-Sharif li avrebbe presumibilmente incontrati.
Secondo quanto appreso dalla Bbc, Sharif lavorava per un team mediatico di Hamas a Gaza prima dell’attuale conflitto. In alcuni post sui social media pubblicati prima della sua morte, ricorda l’emittente britannica, si può sentire il giornalista criticare Hamas.