“Era apertamente gay. La storia ha cancellato la sua eredità”.
Rufus Wainwright apre l’edizione 2025 del Festival di Spoleto con Hadrian, la sua opera lirica che debutterà il 27 giugno in forma semiscenica. L’artista americano-canadese, noto per la sua raffinata scrittura pop e per l’interpretazione indimenticabile di Hallelujah, dedica la sua prima “grand opera” alla figura di Adriano, imperatore romano e amante di Antinoo. “Ho scritto un’opera sull’imperatore Adriano, apertamente gay”, racconta Wainwright, che nel libretto si ispira al capolavoro di Marguerite Yourcenar. L’amore e la perdita dominano una narrazione epica, sorretta da una partitura neoromantica con richiami a Stravinskij e all’opera barocca. “Con Leonard non parlavo quasi mai di musica ma di cibo, famiglia, Montreal e di film horror”, ricorda, parlando del legame personale con Leonard Cohen, padre della sua amica e nonno biologico di sua figlia.
Rufus Wainwright: “Ho ringraziato gli snob, mi hanno migliorato”
Con Hadrian, Wainwright mette in scena non solo un’opera lirica, ma anche un atto politico. “Adriano interruppe le conquiste dell’Impero romano, ma si rese protagonista di un massacro in Giudea. Era apertamente omosessuale e di conseguenza la Storia ha derubato la sua eredità, per questo il mio è un divertimento surreale in cui uso ogni tipo di possibile congegno, penso all’opera barocca”. Le fotografie di Robert Mapplethorpe aggiungono profondità visiva e tematica, con un’attenzione particolare all’erotismo e al potere della sensualità. “Crediamo nel potere dell’amore e della sensualità”, afferma. Dopo un passato turbolento – “Mi accusarono di blasfemia perché avevo scritto la canzone Gay Messiah. Oggi sono consapevole di quello che posso offrire alla lirica, ho dovuto lottare ma questo mi ha reso un compositore migliore”. In un’epoca dove la visibilità LGBTQ+ si intreccia con arte e storia, il suo lavoro segna un punto di svolta: “Abbiamo passato il Rubicone e non c’è verso di tornare indietro. Così, gente, allacciate le cinture”.