AGI – Dalla mezzanotte e un minuto di oggi, ora di Washington, sono entrate in vigore le tariffe “reciproche” sulle importazioni negli Stati Uniti da dozzine di Paesi, annunciate dalla Casa Bianca una settimana fa.
Si tratta di tasse più elevate per dozzine di economie (vanno dal 10% al 41%), aumentando drasticamente la posta in gioco negli sforzi ad ampio raggio del presidente Donald Trump per rimodellare il commercio globale.
Molti prodotti provenienti da economie come l’Unione Europea, il Giappone e la Corea del Sud devono ora affrontare una tariffa del 15%, anche con accordi raggiunti con Washington per evitare prelievi più elevati.
India e altre nazioni nel mirino
Ma altri, come l’India, devono affrontare un dazio del 25% – da raddoppiare in tre settimane come ritorsione per l’acquisto di petrolio dalla Russia da parte di Nuova Delhi – mentre Siria, Myanmar e Laos affrontano livelli sbalorditivi al 40% o al 41%.
C’è poi il caso del Brasile, teoricamente colpito da una tariffa “reciproca” solo del 10%. Un ordine esecutivo firmato la scorsa settimana da Trump ha però imposto un prelievo aggiuntivo del 40% legato all’incriminazione dell’ex presidente Jair Bolsonaro, portando il totale al 50%.
L’ultima ondata di dazi “reciproci”, volti ad affrontare le pratiche commerciali che Washington ritiene ingiuste, amplia le misure che Trump ha imposto da quando è tornato alla presidenza.
Ma questi dazi più elevati non si applicano alle importazioni settoriali specifiche che sono prese di mira separatamente, come acciaio, automobili, prodotti farmaceutici e chip.
Il presidente americano ha detto ieri di aver pianificato una tariffa del 100% sui semiconduttori. Taipei ha subito precisato che il gigante della produzione di chip TSMC sarebbe esentato in quanto ha fabbriche negli USA.
Ciononostante, le aziende e i gruppi industriali avvertono che i nuovi prelievi danneggeranno gravemente le piccole imprese americane. Gli economisti avvertono che potrebbero alimentare l’inflazione e pesare sulla crescita a lungo termine.



