sabato, Luglio 27, 2024
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SGUARDI GLOBALI: ESSERE LGBT+ IN MYANMAR

Il difficile cammino verso il riconoscimento dei diritti civili in uno del Paesi più conservatori del continente asiatico

L’omosessualità non è illegale in Myanmar, ma non esistono leggi specifiche che tutelino le persone LGBTQI+. Le leggi del Paese non riconoscono il matrimonio tra persone dello stesso sesso e non esistono tutele legali contro la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere.

La discriminazione nei confronti delle persone LGBTQ+ è molto diffusa e coloro che si dichiarano apertamente omosessuali o bisessuali possono subire molestie, violenze e stigma sociale, fino a vedersi negare l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e al lavoro. Il Myanmar criminalizza l’attività sessuale tra persone dello stesso sesso in base alla Sezione 377 del Codice penale, una legge di epoca coloniale che proibisce “rapporti carnali contro l’ordine della natura” e questa legge è spesso usata per molestare e intimidire le persone LGBT+. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è legale.

Il sistema giuridico è cavilloso e complesso e spesso non riesce a proteggere i diritti civili dei suoi cittadini, compresi i membri della comunità LGBT+. Anni di regime militare hanno comportato la progressiva esclusione dalla vita civile di intere categorie di cittadini considerate “sgradite” o che offendevano la soffocante morale religiosa del Paese. Il Myanmar è un Paese a maggioranza buddista e i pregiudizi nei confronti della sessualità si scontrano spesso con le idee più liberali che arrivano dall’Occidente, specialmente negli ultimi due decenni, in corrispondenza della maggiore apertura del paese al turismo.

In ogni caso, sebbene gli atteggiamenti verso la comunità LGBT+ in Myanmar stiano lentamente cambiando, rimangono in gran parte negativi a causa delle credenze religiose conservatrici e della mancanza di educazione sulle questioni di genere. Le discriminazioni e le violenze spesso vengono perpetrate da familiari, coetanei e datori di lavoro, con poche possibilità di ricorso legale. Secondo un rapporto dell’Associazione Internazionale Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans e Intersessuali (ILGA), il Myanmar è all’83° posto su 194 Paesi in termini di diritti LGBT+. Sebbene questa posizione possa sembrare bassa, rappresenta un miglioramento significativo rispetto agli anni precedenti, dove i diritti civili delle persone LGBT+ venivano radicalmente negati e le persecuzioni non si contavano.

Nonostante queste sfide, la comunità LGBTQ+ del Myanmar sta crescendo e sta chiedendo a gran voce riconoscimento e tutele. Negli ultimi anni sono nate diverse organizzazioni, tra cui la fondazione Love and Acceptance Myanmar (LAM), Festival &PROUD e il gruppo Colors Rainbow, oltre a diverse associazioni di difesa legale composte da avvocati e volontari che mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle questioni LGBT+, a sfidare gli stereotipi e a chiedere una riforma della legislazione in essere. In anni recenti sono riuscite ad organizzare eventi pubblici, creare spazi sicuri per le persone LGBTQ+ e si sono battute per ottenere tutele e riconoscimenti legali. Nel 2018, a Yangon (nota prima come Rangoon e capitale del Paese asiatico fino al 2005), la città più grande del Paese, si è tenuto il primo Pride pubblico.

Al contempo è aumentata la rappresentazione mediatica della comunità LGBT in Myanmar, contribuendo ad accrescere la consapevolezza ed a promuovere l’accettazione. Basti pensare che il documentario “Out of the Closet” del regista Aung Myo Min ha vinto il premio del pubblico al 2020 Human Rights Watch Film Festival di Londra. Inoltre, negli anni scorsi le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali hanno costantemente incoraggiato il Myanmar a riconoscere e proteggere i diritti LGBT+. Molti attivisti e organizzazioni lavorano costantemente e in situazioni difficili per promuovere l’educazione e la consapevolezza sulle questioni di genere in Myanmar, come ad esempio la rete Equality Myanmar, che si dedica alla promozione e alla tutela dei diritti delle persone LGBT nel Paese.

Da una prospettiva internazionale, c’è ancora molto lavoro da fare. Come rilevato dall’ILGA, il Myanmar è uno dei soli sei Paesi asiatici che criminalizza l’attività sessuale tra persone dello stesso sesso, con pene detentive fino a 10 anni. Inoltre, la discriminazione e la violenza contro le persone LGBT+ rimangono prevalenti in molte parti del Paese. La crescente consapevolezza per la difesa dei diritti LGBT+ in Myanmar, comunque, fanno ben sperare per il futuro. Con il continuo sostegno delle organizzazioni internazionali e degli attivisti, nonché con l’aumento delle iniziative di educazione e sensibilizzazione è possibile compiere progressi significativi nella lotta per i diritti civili.

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