AGI – Imprenditore, editore, politico dominante per un ventennio e protagonista di vicende giudiziarie di grande risonanza, ha incarnato e al tempo stesso indirizzato le dinamiche di un’Italia in profonda trasformazione. Silvio Berlusconi è scomparso due anni fa e la sua parabola, non soltanto politica, resta un elemento importante per ripercorrere il passaggio tra Prima e Seconda Repubblica.
L’ascesa imprenditoriale
La sua storia pubblica prende le mosse ben prima del 1994. Si tratta di un’ascesa imprenditoriale che inizia nell’edilizia negli anni ’60 con lo sviluppo di nuovi complessi residenziali come Milano 2. In quel progetto si possono rintracciare alcuni elementi della sua visione: la proposta di un modello di vita organizzato, controllato e dotato di servizi, un’anticipazione di quella promessa di efficienza che diventerà poi uno dei suoi temi politici.
Un nuovo modello di televisione
Ma è nel settore televisivo che Berlusconi realizza l’operazione più significativa, ponendo fine al monopolio della Rai e introducendo un modello di TV commerciale. Le reti Fininvest (poi Mediaset) non furono solo un’operazione economica di vasta scala, ma anche un veicolo di cambiamento culturale. Proposero un nuovo immaginario, diffondendo stili di vita e un linguaggio diretto che si dimostrerà efficace anche in ambito politico. L’acquisizione e la gestione del Milan a partire dal 1986, portandolo a importanti successi internazionali, completarono la sua immagine pubblica di imprenditore capace di raggiungere i propri obiettivi.
La “discesa in campo” e la Seconda Repubblica
Il crollo del sistema politico della Prima Repubblica, accelerato dall’inchiesta “Mani Pulite“, aprì ampi spazi nel panorama partitico. Berlusconi seppe cogliere l’opportunità. Nel gennaio 1994, con un messaggio televisivo preregistrato, annunciò la sua “discesa in campo“, presentando la sua iniziativa come un argine all’avanzata delle sinistre.
Diede vita a Forza Italia, una formazione politica strutturata secondo un modello organizzativo inedito per l’Italia, con un forte richiamo alla sua leadership e all’uso di tecniche di comunicazione mutuate dal marketing. Si propose all’elettorato come un outsider, un imprenditore di successo estraneo ai rituali della politica tradizionale, che prometteva di applicare alla gestione dello Stato i principi di efficienza delle sue aziende. Questa narrazione intercettò il consenso di un elettorato moderato, rimasto privo dei suoi partiti di riferimento come la Democrazia Cristiana.
La sua vittoria alle elezioni del marzo 1994 segna convenzionalmente l’inizio della Seconda Repubblica. Si affermò un nuovo assetto politico che, pur in assenza di riforme costituzionali organiche, tese a polarizzarsi attorno alla sua figura. Si instaurò così un bipolarismo basato in larga parte sullo scontro tra i suoi sostenitori e i suoi oppositori, più che su una netta contrapposizione programmatica. Per quasi un ventennio, è stato il perno della politica italiana, sia come Presidente del Consiglio (un incarico che ha ricoperto quattro volte, stabilendo un record di durata complessiva) sia come leader dell’opposizione.
I suoi governi sono stati caratterizzati da politiche di ispirazione liberale in campo economico – con interventi sul mercato del lavoro, il sistema pensionistico e il diritto societario – e da una costante attenzione ai temi della giustizia. Su questo fronte, vennero approvate leggi che i suoi oppositori bollarono come “ad personam“, ritenendole finalizzate a risolvere le sue pendenze giudiziarie.
La politica estera come rapporto personale
In politica estera, Berlusconi ha mantenuto l’Italia all’interno di un solido perimetro atlantista, sostenendo l’intervento in Iraq nel 2003, una decisione che segnò una divergenza rispetto all’asse franco-tedesco. Il suo approccio si basava molto sulle relazioni personali e dirette con i leader mondiali. Sono note le sue interlocuzioni con George W. Bush, così come i rapporti coltivati con il presidente russo Vladimir Putin e, per un periodo, con il leader libico Mu’ammar Gheddafi. Nel 2002 Il vertice NATO-Russia di Pratica di Mare del 2002 viene spesso citato come un esempio della sua diplomazia, orientata a posizionare l’Italia come mediatore sulla scena internazionale. Tale approccio, tuttavia, mostrò i suoi limiti con l’evolversi delle crisi, come quella libica del 2011 e, più di recente, il conflitto ucraino.
Dal conflitto di interessi alla condanna
La carriera di Berlusconi è stata costantemente accompagnata da scandali e procedimenti giudiziari. Uno dei nodi principali è stato il conflitto di interessi tra la carica di capo del governo e la proprietà di un vasto impero mediatico ed economico, una questione che ha alimentato il dibattito pubblico per tutta la sua permanenza in politica.
A questo si sono aggiunte le numerose vicende processuali: accuse di corruzione, falso in bilancio, frode fiscale, culminate nella condanna definitiva nel 2013 per il caso Mediaset, che comportò la sua decadenza dalla carica di senatore. Infine, gli scandali di natura privata, come il caso Ruby e le serate ad Arcore, ebbero un’ampia eco mediatica nazionale e internazionale, gettando un’ombra sul suo ruolo istituzionale.
La sua difesa ha sempre sostenuto la tesi di un uso politico della giustizia ai suoi danni, orchestrato da settori della magistratura. I suoi critici, al contrario, hanno visto in queste vicende la manifestazione di una problematica concezione del potere e delle istituzioni.
Un’eredità complessa
A due anni dalla sua morte, l’eredità di Silvio Berlusconi rimane oggetto di analisi e dibattito. Ha indubbiamente introdotto un nuovo linguaggio e un nuovo stile nella comunicazione politica, i cui effetti sono tuttora visibili. Ha saputo rappresentare le istanze di una parte significativa del Paese, in particolare del mondo dell’impresa insofferente al peso della burocrazia e della pressione fiscale.
Al contempo, il suo modello ha accentuato la personalizzazione della politica, a discapito del ruolo dei partiti e dei corpi intermedi, e ha spesso alimentato una retorica di contrapposizione verso istituzioni come la magistratura e la stampa critica. Ha anticipato alcune forme di populismo oggi diffuse in Occidente, pur mantenendo la sua azione politica all’interno di un quadro di riferimento atlantista ed europeo.
Il “berlusconismo” è stato un fenomeno poliedrico, che ha unito una narrazione incentrata sull’efficienza e il fare a una gestione del potere che ha suscitato profonde divisioni. A prescindere dal giudizio, è un dato di fatto che Silvio Berlusconi abbia segnato la fine della Prima Repubblica e definito i contorni di una nuova fase politica, con la quale l’Italia continua a confrontarsi.