AGI – Riccardo C. è stato “lucido e determinato” durate l’azione che l’ha portato a uccidere madre, padre e fratello di 12 anni a Paderno Dugnano nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre del 2024. Lo scrivono i giudici del Tribunale dei Minori nelle motivazioni alla sentenza con la quale hanno condannato il ragazzo a 20 anni, la pena massima col rito abbreviato.
I magistrati spiegano nella cinquantina di pagine le ragioni del verdetto nei confronti di Riccardo che all’epoca aveva 17 anni. Era guidato da “un pensiero stravagante perché è di tutta evidenza che credere di raggiungere l’immortalità attraverso l’eliminazione della propria famiglia non sia un proposito sano, ma tale pensiero era, si’, bizzarro ma ancora sotto il controllo di R. ed egli ha scelto di alimentarlo e ha agito coerentemente con quell’idea. E, certamente, nell’evenienza criminale debbono aver avuto peso potenti stati emotivi, una grossa dose di rabbia e odio narcisistici accumulati a ogni frustrazione, che hanno fatto si’ che l’atto si compisse con cotanta aggressività espressa. Lo si desume dalle modalità particolarmente spietate dell’esecuzione: per quanto si possa essere inesperti nell’uccidere, un tale accanimento e varietà delle lesioni (soprattutto nei confronti del fratello e della madre) non può non avere come “benzina” tali sentimenti”.
I giudici si soffermano sul suo percorso mentale nell’eccidio. Dall’esame del funzionamento mental operato attraverso la descrizione delle sue condotte poste in essere durante la commissione dei fatti e anche successivamente, non si ravvede alcuna evidenza di una condizione psichica di instabilità e di ingovernabilità, di talche’ ha mantenuto lo stesso livello di organizzazione mentale durante le diverse fasi del delitto, non apparendo in alcun momento dissociato o soggetto ad alcuno scompenso rispetto alle sue intenzioni, che erano quelle di eliminare i familiari, secondo un piano ben organizzato, frutto dell’intelligenza di condotta dimostrata ed applicata”.
“Se anche i suoi tratti di personalità possono aver motivato in parte il suo comportamento – prosegue il Tribunale – se anche la sua fantasia, della quale neppure avrebbe mai parlato se non costretto dai fatti ad assumersi la responsabilità degli omicidi, può essere intervenuta nell’attribuire personale giustificazione per quanto stava compiendo, R. ha sempre adeguatamente distinto la realtà dall’immaginazione(come lui stesso ha affermato più volte), ha sempre avuto alternative comportamentali, ha lucidamente programmato, attuato, variato secondo il bisogno le proprie azioni, prima, durante e dopo il fatto delittuoso”.
“Ovviamente non condivido questa motivazione – è il commento all’AGI dell’avvocato Amedeo Rizza, legale del giovane -. Il giudice non ha preso atto della concreta incidenza e del nesso di causalità che c’e’ tra la patologia di Riccardo e il reato commesso. Nessuna motivazione sul perché avrebbe commesso gli omicidi”.