giovedì, Dicembre 5, 2024
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Sul Lago d’Iseo il fantasma di un vertice per far finire la guerra in Italia nel 1944

AGI – Una fitta ombra di mistero avvolge un convegno segretissimo che si sarebbe tenuto il 16 novembre 1944 in una località del Lago d’Iseo per negoziare la fine della guerra sul fronte italiano, giungendo persino a un accordo tra le controparti. La storia ci racconta che poi le cose non andarono così, e non ci ha consegnato riscontri su una vicenda oscura su cui, pure, da ottanta anni si fanno nomi, cognomi e circostanze. La guerra in Italia terminò in anticipo sulla resa della Germania grazie a trattive segrete condotte in Svizzera dal capo delle SS Karl Wolff che sfociarono nell’Operazione Sunrise, quindi non dovrebbe destare alcuna sorpresa un incontro all’idroscalo di Montecolino alla fine del 1944.

Le manovre del generale SS Karl Wolff per la pace separata

Già il I maggio a Roma, in un’udienza privata con Pio XII promossa dal Superiore generale dell’Ordine salvatoriano Pankratius Pfeiffer, Wolff aveva mostrato una certa apertura suggellata dalla liberazione di Giuliano Vassalli, condannato a morte, come pegno di buona volontà. Sarà sempre il plenipotenziario in Italia, a febbraio 1945, a sondare Heinrich Himmler per una pace separata con gli angloamericani per combattere contro i sovietici, e poi ad agire di persona incontrando a Desenzano il 28 febbraio, assieme all’aiutante, maggiore SS Guido Zimmer, agente del Sicherheitdienst (SD), il barone Luigi Parrilli perché ha contatti con gli Alleati in Svizzera, per un summit segreto il 3 marzo tra il capo dell’OSS Allen Dulles e il colonnello SS Walter Rauff. Non stupisce, quindi, che Wolff possa essere stato sul Lago d’Iseo il 16 novembre, nel summit che sarebbe stato organizzato dal comandante della Xª Mas Junio Valerio Borghese, che con il Terzo Reich aveva un trattato di alleanza ad personam. Meno probabile, ma non impossibile, che lo stesso Winston Churchill abbia sollecitato la trattativa tra italiani, tedeschi, inglesi e americani attraverso il fantomatico carteggio con Benito Mussolini.

Una principessa russa, moglie di Junio Valerio Borghese, fa da interprete

Avvalendosi di non meglio precisate fonti del Governo della Repubblica sociale italiana, la rivista Il Merlo Giallo di Alberto Giannini pubblicò nel gennaio 1949 che sondaggi su una pace separata sarebbero avvenuti subito dopo la liberazione di Roma, e addirittura si sarebbe addivenuti a uno schema di trattato che soddisfaceva le reciproche aspettative, in particolare quelle di Churchill, sempre intenzionato a sbarrare ai sovietici le porte dei Balcani, avendo individuato da tempo che il prossimo nemico sarebbe stato Stalin. L’idroscalo di Montecolino era a poca distanza dalla residenza del principe Borghese, che avrebbe affidato alla colta moglie Dar’ja Vasil’vna Olsuf’eva, di nobile famiglia russa esule, il compito di fare da interprete. La parte tedesca sarebbe stata rappresentata ad alto livello dal diplomatico Rudolf Rahn e dal proconsole di Hitler in Italia, ovvero Wolff. Sempre secondo questa versione, Mussolini avrebbe demandato il compito di rappresentare la RSI al sottosegretario Francesco Maria Barracu, con il comandante della divisione “Etna” della Guardia nazionale repubblicana, il generale Giuseppe Violante, e il capitano di marina Fausto Sestini. Borghese, non dipendendo da Salò, agiva per conto della Xª Mas.

Il ruolo della Marina e le missioni sul confine orientale

Altri incontri segreti sarebbero seguiti nell’immediato futuro, con l’invio di emissari oltre le linee. Che la Regia Marina non avesse reciso del tutto il cordone ombelicale con Borghese non era un segreto per nessuno, e una trentina di anni fa a Pescara un ex incursore del battaglione San Marco rimasto fedele al Re raccontò dettagli e circostanze di una missione segretissima a Venezia di cui era stato protagonista per spingere i repubblichini, suoi ex commilitoni, a deporre le armi senza colpo ferire. Si pensava ancora, infatti, di poter arginare gli jugoslavi lungo la frontiera orientale nel segno dell’interesse nazionale. Ma la storia aveva già imboccato un’altra direzione. Il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, gravemente malato, era determinato a rispettare gli accordi presi a Yalta con Stalin e Churchill era già stato messo fuori gioco.

Il Duce alla sorella Edvige: “Rivolgiti a Churchill”

Se accordi ci furono davvero a Montecolino, non passarono dalla carta alla pratica, sempre se ci fu davvero un vertice sul Lago d’Iseo che magari a distanza di anni qualcuno dei protagonisti avrebbe avuto interesse a divulgare, come Sergio Nesi, ufficiale di Borghese, che ne testimoniò a Enzo Antonio Cicchino e Roberto Colella, autori per Mursia di un volume sul carteggio Mussolini-Churchill. Funzionò invece la rete tessuta da Karl Wolff all’insaputa di Mussolini, spinto soprattutto dall’immunità che gli Alleati gli garantivano in cambio della fine delle ostilità sul fronte italiano, che portò alla resa di Caserta il 29 aprile 1945, con decorrenza 2 maggio. Churchill non riuscirà a chiudere del tutto la porta agli jugoslavi né l’Italia a contenerne le mire espansionistiche di Tito. Nel settembre 1945, a guerra finita, Churchill soggiornerà per tre settimane sul Lago di Como, ufficialmente per dipingere acquerelli, e poi nell’estate del 1949 a Gardone Riviera, sempre con pennelli, tela e cavalletto. Secondo altri, lo scopo delle sue visite era un altro: tornare in possesso del fantomatico carteggio con Mussolini. Poche ore prima della sua esecuzione, d’altronde, il Duce aveva raccomandato alla sorella Edvige di chiedere protezione a Churchill, assicurandole che l‘avrebbe senz’altro aiutata, ma non aveva aggiunto altro. Ed è ancora un mistero se quel carteggio dai contenuti esplosivi appartiene davvero alla storia oppure al romanzo giallo.

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