Il terzo mandato dei governatori bocciato al Senato
AGI – Ormai ‘topos’ letterario della seconda metà della legislatura, ‘fenice politica’ della maggioranza di governo, il terzo mandato dei governatori è morto (di nuovo), stamane, in commissione Affari costituzionali al Senato. L’emendamento leghista al ddl sui consiglieri regionali è stato bocciato, con i voti contrari degli alleati di centrodestra, esclusi due astenuti di Fratelli d’Italia.
Calderoli e La Russa: tra amarezza e conferme
A Palazzo Madama, ci ha messo la faccia il ministro leghista per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, che ha espresso “amarezza“, facendo notare come siano ora cinque le bocciature collezionate. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha confermato: “tra tramonto ed eclissi, l’avevo detto che sarebbe stato più un tramonto”.
Zaia fuori dai giochi, centrodestra in cerca di candidati
Archiviato il tema che avrebbe permesso la ricandidatura di Luca Zaia in Veneto, ora i leader del centrodestra dovranno trovarsi per definire i candidati alle Regionali, per le quali non è stata ancora fissata una data, ma che difficilmente potranno ‘scavallare’ la scadenza dell’autunno.
Regioni al voto: ipotesi e trattative
Una richiesta in questo senso, avanzata dal dem campano Vincenzo De Luca, è stata bocciata in sede di Conferenza delle Regioni, con il collega del Pd, Eugenio Giani, che ha fatto sapere di essere intenzionato a fissare la data delle elezioni il 12 o il 19 ottobre. Un decreto governativo su un eventuale election day avrebbe la prevalenza su questa decisione.
Per vincere, il centrodestra dovrà essere “unito” nella ricerca dei “candidati migliori“, è il mantra che proviene da Fratelli d’Italia e Forza Italia, per bocca di Giovanni Donzelli e Maurizio Gasparri. Quasi a suggerire che i nomi proposti dalla Lega come successori di Zaia non siano all’altezza della sfida.
Candidature in Veneto, Toscana, Campania e Puglia
Da definire anche i candidati alla presidenza delle altre Regioni che andranno al voto – Puglia, Campania, Toscana – mentre nelle Marche corre il presidente uscente Francesco Acquaroli. In Toscana, sembra favorito il sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, sostenuto da Donzelli. In Campania, tra i possibili candidati, si fa il nome del vice ministro di FdI Edmondo Cirielli, mentre FI, con Fulvio Martusciello, esorta a decidere “entro luglio“.
In Puglia la coalizione è in alto mare; si è parlato del deputato di FI Mauro D’Attis ma anche dell’ipotesi, improbabile, di una candidatura di Roberto Vannacci. Per il Veneto, l’unico altro nome avanzato dalla Lega è quello del vice segretario Alberto Stefani, ma potrebbe emergere anche il ‘zaiano’ Mario Conte, sindaco di Treviso e presidente dell’Anci veneta.
FdI e la partita veneta
FdI aveva aperto alla modifica del blocco del terzo mandato e, in cambio della ricandidatura di Zaia, avrebbe chiesto una compensazione sulla Lombardia, ora governata dal leghista Attilio Fontana. Dopo il ‘niet’ di FI, non è escluso che FdI torni a chiedere la casella veneta, con la candidatura di Raffaele Speranzon.
Al Senato, l’emendamento leghista è stato bocciato con 15 voti contrari, 5 favorevoli (3 Lega, 1 Iv, 1 gruppo autonomie) e 2 astenuti (Alberto Balboni e Domenico Matera, entrambi di FdI). Stefani ha commentato: “Peccato, occasione persa. Dispiace per i cittadini che non potranno confermare sindaci e presidenti di Regione molto validi”.
Balboni ha dichiarato: “Per ora non mi pare ci siano le condizioni”. Ha motivato la sua astensione come gesto di rispetto per il senatore Tosato, sottolineando che la proposta non era contro la coalizione. Ha aggiunto: “O si fa una rivisitazione complessiva di tutte le cariche monocratiche e si stabilisce un mandato uniforme, oppure procedere a pezzi non era il caso”.
Calderoli ha ribadito: “È la quinta volta che presentiamo l’emendamento. C’era stata un’ipotesi di accordo che non si è trovato. devo dire che oggi è stato bocciato per la quinta volta”. Ha apprezzato la disponibilità di FdI e criticato il muro eretto da Forza Italia.
FdI apre, FI chiude: la Lega resta sola sul terzo mandato
FdI aveva aperto alla modifica del blocco del terzo mandato ai governatori e, in cambio della ricandidatura di Zaia, avrebbe chiesto agli alleati una compensazione nero su bianco sulla Lombardia (ora governata dal leghista Attilio Fontana). Ma, dopo il ‘niet’ di FI, con il rimescolamento delle carte, non è escluso che ora torni a chiedere la casella veneta, con la candidatura di un meloniano, e qui il nome che si fa è quello di Raffaele Speranzon.
FdI da tempo ambisce alla guida di una Regione del Nord ed è attualmente sotto rappresentata nel ‘Cencelli’ dei governatori di centrodestra (4 leghisti, 4 di FI, 3 di FdI). Al Senato la giornata è iniziata di prima mattina. L’emendamento leghista che chiedeva l’eliminazione del limite di due mandati per i presidenti di Regione è stato bocciato con 15 voti contrari, 5 favorevoli (3 Lega, 1 Iv, 1 gruppo autonomie) e 2 astenuti (Alberto Balboni e Domenico Matera, entrambi di FdI).
Le reazioni: Lega amareggiata, FdI divisa, FI chiude
“Peccato, occasione persa. Dispiace per i cittadini che non potranno confermare sindaci e presidenti di Regione molto validi”, è stato il primo commento della Lega, affidato a Stefani. Balboni ha dichiarato: “Per ora non mi pare ci siano le condizioni”. Ha motivato la sua astensione come gesto di rispetto per il senatore Tosato, sottolineando che la proposta non era contro la coalizione. “O si fa una rivisitazione complessiva di tutte le cariche monocratiche e si stabilisce un mandato uniforme, oppure procedere a pezzi non era il caso”.
Calderoli: “Bocciato per la quinta volta”
“La nostra posizione è assolutamente evidente. È la quinta volta che presentiamo l’emendamento. C’era stata anche un’ipotesi di accordo che non si è trovato. Con amarezza devo dire che oggi è stato bocciato per la quinta volta”, ha sottolineato Calderoli. “Ho apprezzato la disponibilità di FdI, non ho apprezzato il muro eretto da Forza Italia”.
Tajani minimizza, Fontana attacca
La spaccatura sul terzo mandato non avrà ripercussioni sul governo secondo il vicepremier FI Antonio Tajani: “Non succede assolutamente nulla. Il centrodestra si basa su accordi politici, non su questo tema”.
Molto dura invece la reazione del governatore lombardo Attilio Fontana, che ha parlato di “schiaffo in faccia a comunità che vorrebbero confermare amministratori capaci”, e di “ripicche e mezzucci di una politica bassa”.
Lega: “Dispiaciuti sì, sconfitti no”
“Dispiaciuti sì. Sconfitti no, anzi”, ha rilanciato il capogruppo della Liga veneta in consiglio regionale, Alberto Villanova. “Il rammarico di oggi da domani si trasformerà in grinta. La linea del Piave non la abbandoneremo mai”.
Opposizioni all’attacco: “Centrodestra in rissa”
Molto critiche le opposizioni. Francesco Boccia (PD) ha parlato di maggioranza divisa e dispetti tra partiti. Alessandra Maiorino (M5S) ha definito l’episodio “una volgare rissa interna al centrodestra, fondata sulla fame di poltrone”.
Per Raffaella Paita (Iv) si è trattato di una “pantomima indecorosa”, mentre Peppe De Cristofaro (Avs) ha chiesto di “aprire subito un tavolo di confronto” tra PD, Avs e M5S per le prossime regionali. Riccardo Magi (+Europa) ha concluso: “Sulle riforme la maggioranza collassa. Ma i problemi dell’Italia sono lavoro, salari e fuga dei giovani, non aumentare il potere di Meloni e dei governatori di destra”.