AGI – A decretare la fine della partita sul terzo mandato era stato martedì scorso il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che negli scorsi mesi non si era detto contrario. “Tramontato”, aveva sostenuto. Lo spazio politico si è chiuso, a spiegare l’esito del dossier ieri è un altro esponente di Fdi, Giovanni Donzelli, che qualche settimana fa aveva aperto alla possibilità di un’ulteriore estensione dei mandati per i presidenti di Regione. “Se ci fosse stato l’accordo tra Lega e Forza Italia avremmo votato l’emendamento. Ma visto che vediamo che l’accordo non c’è e neanche se n’è parlato, non lo voteremo”, ha spiegato il responsabile organizzativo del partito guidato dalla premier Giorgia Meloni.
Martedì il gruppo del Senato del partito di via Bellerio aveva depositato una modifica ad hoc al ddl assessori all’esame della commissione Affari costituzionali. Con una premessa: “Sappiamo che non ha le gambe per camminare ma non possiamo abbandonare la nostra battaglia”. L’emendamento che porta la prima firma del senatore Tosato oggi andrà ai voti (a meno che non arrivi il parere della commissione bilancio sul disegno di legge). Non ci sarà la sponda di Fdi, Forza Italia voterà no, così come Pd e Movimento 5 stelle.
Le strategie elettorali
Ora i fari del centrodestra sono puntati sulle Regionali. Una fonte parlamentare della Lega torna a lanciare l’avvertimento: “Così si rischia una sconfitta per 4 a 1, con il terzo mandato il centrodestra avrebbe avuto più chance di vittoria in Puglia e in Campania. Così, invece, si tolgono le castagne dal fuoco al Pd“. La tesi è che con una ricandidatura di Vincenzo De Luca in Campania e di Michele Emiliano in Puglia il centrosinistra si sarebbe presentato ancora più spaccato. Da qui il tentativo di un ultimo pressing nei confronti del partito del presidente del Consiglio. Le posizioni saranno, quindi, cristallizzate. Non che il voto favorevole di Fdi avrebbe spostato gli equilibri, considerato lo stop del partito azzurro. “Ma con il sì di Fdi e il via libera di senatori come Musolino e Durnwalder i numeri sarebbero stati in bilico”, argomenta un’altra fonte parlamentare del centrodestra. Per questo motivo si monitorava comunque il pallottoliere nel caso di un semaforo verde del gruppo del partito di via della Scrofa. “La verità è che c’era già un tacito accordo tra Pd e Fdi per far saltare l’emendamento”, taglia corto la stessa fonte.
Fratelli d’Italia può comunque sostenere di aver posto il tema, aveva rimandato la palla nel campo delle Regioni, “ma non è arrivata alcuna proposta”, il ragionamento. Il dossier ufficialmente non è mai arrivato sul tavolo della conferenza delle Regioni, nonostante la spinta dei presidenti di Regione della Lega che sarebbero rimasti sorpresi dalla presentazione dell’emendamento proprio per la consapevolezza dell’impossibilità di un esito positivo.
La rosa dei candidati
Si guarda adesso al risiko delle candidature, ma al momento non è stata convocata alcuna riunione, la prima mossa spetterà ai territori. Il nodo principale resta il Veneto. La Lega rivendicherà, come ha già fatto da tempo, una continuità rispetto al governo della regione guidata da Luca Zaia ma senza il ‘Doge’ in campo (la Lega dovrebbe puntare sul vicesegretario Alberto Stefani) Fratelli d’Italia potrebbe rilanciare l’ambizione di conquistare una regione del Nord (Lombardia e Friuli andranno al voto più avanti).
L’obiettivo in ogni caso resta quello di salvaguardare l’unità della coalizione. “È il valore più importante”, argomenta il leader di Noi moderati Maurizio Lupi, “riteniamo che sia naturale e positivo che ci siano sensibilità diverse e che, con metodo, si possa discutere di tutto per trovare una sintesi”. Una sintesi che andrà trovata pure in Campania, Puglia, Toscana mentre nelle Marche il governatore di Fdi Francesco Acquaroli punta alla riconferma. Per vedere chi schierare ai nastri di partenza i partiti dell’alleanza hanno commissionato sondaggi interni ma nelle prossime settimane si stringerà il cerchio.
Dal voto di oggi in commissione al Senato dovrebbe quindi emergere la differenza delle posizioni della coalizione. “Noi – osserva un senatore della Lega – abbiamo comunque difeso la nostra tesi, nessuno potrà dire in campagna elettorale che non ci abbiamo provato”.
Le riforme in Parlamento
Sempre al Senato (dove la prossima settimana si stringerà sul fine vita, con la prospettiva di eliminare dal testo qualsiasi riferimento alla tutela “dal concepimento alla morte”, una norma ribattezzata dalle opposizioni anti-aborto) oggi si comincia a votare sulla riforma della separazione delle carriere ma il voto finale è previsto per la prossima settimana. Il provvedimento poi tornerà alla Camera, anche se il disegno di legge costituzionale non figura nel calendario per il prossimo mese stilato ieri dalla conferenza dei capigruppo. Il governo, però, punta a far sì che venga comunque incardinato prima della pausa estiva.
A luglio non approderà in Aula neanche il premierato, il secondo passaggio delle riforme a Montecitorio non arriverà prima di ottobre con l’incognita di possibili modifiche in corso. Non si escludono, infatti, possibili cambiamenti (il discorso del voto degli italiani all’estero e della legge elettorale dovrebbe essere affrontato a parte). L’eventualità, tra l’altro, è di dare nel testo, con il premierato, maggiore centralità al Parlamento rispetto alla versione licenziata da palazzo Madama: una delle ipotesi è quella di inserire non uno statuto delle opposizioni ma tempi e numeri certi di leggi spettanti alle forze che non sostengono il governo. Prima del rompete le righe di agosto dovrebbe inoltre approdare in Consiglio dei ministri anche il dossier su Roma Capitale (si punta ad un provvedimento di iniziativa governativa).