lunedì, Novembre 17, 2025
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Umberto Broccoli: “Addio al primo sogno proibito degli italiani”

AGI – L’improvvisa, tragica scomparsa delle gemelle Kessler ha scosso l’Italia. Al di là di ogni considerazione sulle drammatiche circostanze della loro morte, l’AGI ha provato a tracciarne un ricordo attraverso le parole di un grande esperto di tv e costume come l’autore e conduttore radiotelevisivo, saggista e professore di Scienza della Comunicazione Umberto Broccoli.

 

 

Ha mai incontrato personalmente gemelle Kessler?

“Decine di volte, nel corso della mia vita professionale, ma sono due, e molto più privati, i ricordi di Alice ed Ellen che maggiormente mi emozionano. Il primo risale addirittura al 1964: ero un bambino e mio padre Bruno, allora coautore insieme a Dino Verde della mitica trasmissione Rai ‘Studio Uno’, mi portò a Via Teulada a conoscerle. Un’emozione indescrivibile, visto che ne ero perdutamente innamorato. A distanza di circa venti anni, negli anni ’80, vennero poi a trovarmi al Castello di Giulio II di Ostia Antica, di cui ero Sovrintendente, in una pausa del film che stavano girando da quelle parti. Furono simpaticissime: si ricordavano perfettamente del nostro primo incontro”.

Cosa hanno rappresentato le Kessler per la nostra tv?

“La professionalità, la preparazione, lo studio e l’arte della danza. Del resto, venivano dalle Bluebell Girls del Lido di Parigi, il corpo di ballo più famoso al mondo, a suo tempo ricevuto addirittura dal Papa. Sono l’esempio di ciò che dovrebbe fare oggi chi si esibisce in televisione e a teatro: prepararsi, studiare, non improvvisare, a meno di non avere alle spalle il sostegno di una grande professionalità acquisita.

Si può dire che facciano parte della storia del nostro costume?

“Certamente, sono state il primo sogno proibito condiviso dagli italiani, soprattutto se adolescenti come ero io negli anni ‘60. E questo nonostante le calze nere loro imposte dalla Direzione Generale della Rai di allora per mascherarne la sensualità. Ma ottenendo, in realtà, l’effetto contrario: le loro meravigliose gambe, se coperte, si notavano ancora di più.

Può dirsi che negli anni del boom il loro successo abbia rappresentato il definitivo raggiungimento della pacificazione tra l’Italia e la Germania?

“È una visione interessante, ed anche molto condivisibile. In realtà loro venivano dalla Germania Est ed avevano alle spalle una giovinezza complessa, ma per gli italiani furono le ambasciatrici di un nuovo rapporto con il popolo tedesco. Resta agli annali la partecipazione di Sordi nel 1966 a ‘Studio Uno’, in cui Albertone le apostrofava ironicamente dicendo che gli ricordavano un certo Sergente Von Kessler. I simboli popolari del nuovo corso di due Paesi scherzavano simpaticamente insieme”.

Chi, a suo giudizio, ricopre oggi un ruolo assimilabile a quello delle Kessler nell’immaginario collettivo degli italiani?

“Eredi non ne esistono, da archeologo ricordo iscrizioni latine che recitavano: questo monumento non ha eredi. È inutile cercare le nuove Kessler, come lo è provare a identificare un moderno Pippo Baudo. Sarebbe una perdita di tempo. Di recente ho visto ballare bene in qualche trasmissione tv, però – e dopo ‘però’ c’è la verità, dicono i cinesi – la preparazione delle Kessler derivava, come ho detto, da prove estenuanti, studio e professionalità. Con questi presupposti ci si può avvicinare ad esempi come quello che loro rappresentano. Se no si resta dei replicanti, ed io preferisco sempre gli originali”.

 

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