AGI – La stretta di mano all’inizio, la stretta finale con lo scambio di un paio di battute. E in mezzo un dibattito civile, a tratti quasi amichevole. Il confronto tra i due candidati vice, J. D. Vance e Tim Walz, andato in scena negli Stati Uniti in prima serata non è scaduto nello scontro, non è tracimato nell’insulto. I due sfidanti hanno parlato di politica, hanno espresso posizioni opposte su tutto, dall’emergenza migranti all’economia, dalla diffusione delle armi alle trivellazioni petrolifere, dal diritto di aborto al cambiamento climatico, ma hanno parlato, si sono parlati, evitando attacchi personali, insulti, colpi bassi.
Non c’è stato un vero vincitore, ma nessuno si aspettava che emergesse. Ognuno ha preso, però, di mira il candidato presidente: Walz ha attaccato Donald Trump, definendolo una “persona di quasi ottant’anni che parla delle dimensioni delle folle ai suoi comizi e che non è la persona giusta in questo momento”, mentre Vance ha accusato Kamala Harris di “aver lasciato muoversi liberamente i cartelli messicani della droga”. Walz ha sottolineato la necessità di avere una “leadership calma”, come quella di Harris, per affrontare la crisi in Medio Oriente, mentre il suo avversario ha sottolineato la leadership di Trump, “sotto il quale l’inflazione è scesa e gli stipendi sono aumentati”, ma anche lasciato a “Israele il diritto di decidere cosa fare”.
Trump, spettatore interessato davanti al televisore, ha manifestato tutta la sua impazienza, durante il dibattito, prima attaccando le due giornaliste moderatrici, Norah O’Donnell e Margaret Brennan, definite “signorine prevenute”, poi insultando Walz. Toni lontani da quelli registrati in studio, grazie anche alla direzione ferma delle due giornaliste, uscite a testa alta, anche se i trumpiani non risparmieranno loro critiche.
Il confronto sposterà consensi?
Gli analisti concordano nel ritenere che il confronto tra vice non sposterà l’elettorato, ma mentre Walz ha confermato la sua natura più popolare e appassionata, con qualche incertezza e un nervosismo iniziale, la calma con cui Vance ha affrontato tutto il dibattito può aver rassicurato i Repubblicani moderati, spaventati dai toni violenti di Trump. Il senatore dell’Ohio ha sempre mantenuto il sorriso, e mostrato un tono pacato e presidenziale, anche se poi è andato dai giornalisti, nel dietro le quinte, per sentire che clima c’era, non un grande segnale di sicurezza. Ma sono suggestioni. Almeno si è visto un dibattito civile come non si assisteva da tempo, un approccio che ha evidenziato ancora di più come Trump rappresenti una scheggia impazzita nel quartetto.
Adesso la domanda è: il tycoon, che non ha mai abbandonato i toni violenti, lascerà che l’ultimo duello davanti a milioni di americani finisca in questo modo, in un clima da circolo del the? C’è chi scommette che il tycoon, seguendo la propria indole, voglia mettere il punto nella campagna e, chissà, accettare il duello con Harris il 23 ottobre e parlare agli americani, anche per chiarire almeno un punto: l’ex presidente ha scritto su Truth che non approverà mai una legge che vieta a livello federale il diritto di aborto. Per ora si è limitato a dichiararlo sul social, scrivendo un post a caratteri maiuscoli, ma conoscendo il suo carattere potrebbe non bastare. E allora le possibilità di un secondo duello con Harris per rivolgersi all’America potrebbero aumentare. Dipenderà anche dai prossimi sondaggi. Ma l’ultimo duello tra i maggiori candidati è quello che vogliono gli americani, in una campagna elettorale mai stata cosi’ incerta.