AGI – Il 7 luglio del 2005, quasi quattro anni dopo gli attacchi dell’11 settembre e più di due anni dopo le stragi di Madrid, il Regno Unito si trovò a fare i conti con un apparato antiterrorismo impreparato ad affrontare la minaccia islamista. I quattro attentati kamikaze a tre convogli della metropolitana e un bus urbano che costarono la vita a 56 persone e fecero più di 700 feriti, furono un brusco risveglio per un sistema di intelligence interna che si scopriva obsoleto e inadeguato.
Fino a quel giorno la risposta del Regno Unito ai gruppi terroristici era stata fortemente influenzata dall’esperienza nella lotta contro l’Ira, che era organizzata militarmente, proprio come Al-Qaeda. Ma le analogie tra i due gruppi terroristici, avrebbero dimostrato gli attentati del 7 luglio, finivano qui. L’MI5 e la polizia, ricorda la Bbc in un lungo reportage, si resero conto di dover collaborare più strettamente per penetrare nelle cellule islamiste.
Le squadre dell’MI5 potevano intercettare, rubare e ascoltare “soggetti di interesse”, per usare il gergo, ma nel periodo precedente agli attentati spesso non riuscì a condividere tali informazioni in modo sufficientemente ampio e tempestivo. Le bombe, che i terroristi portavano nei loro zaini, esplosero simultaneamente durante l’ora di punta mattutina sui treni della metropolitana vicino alle stazioni di Aldgate, Edwgare Road e Russell Square, e su un autobus a due piani a Tavistock Square. Oggi la Metropolitan Police, responsabile delle attività antiterrorismo fino a quel 7 luglio, non esita ad ammettere che le stragi furono conseguenza di un fallimento.
Lord Jonathan Evans, ex capo dell’MI5 – e al momento del 7 luglio, vice capo – sottolinea la pressione a cui erano sottoposte le squadre di intelligence: “Bisogna fare delle scelte nelle indagini antiterrorismo. Non si può indagare su tutto, quindi la domanda è: si sta indagando sulle informazioni che rappresentano la minaccia più immediata e si stanno prendendo le decisioni prioritarie?”. Ad esempio non si indagò abbastanza sul capo della cellula che poi compì gli attacchi: nel 2004 non c’erano informazioni sostanziali che indicassero che stesse effettivamente pianificando un attentato.
Gli attacchi del 2005 costrinsero l’agenzia e la polizia a riflettere attentamente su come porre fine a un circolo vizioso che consisteva nel non indagare su qualcuno perché avevano deciso di non saperne abbastanza per ritenere che valesse la pena approfondire. Ma soprattutto, l’MI5, insieme ai suoi partner nella polizia, iniziò a sviluppare un sistema di “triage” più efficace per capire a quali delle migliaia di potenziali cospiratori su cui avevano informazioni privilegiate.
Dopo il 7 luglio, il Parlamento introdusse il nuovo reato di preparazione ad atti di terrorismo. Banco di prova della nuova norma fu l’Operazione Overt, portata a termine un anno dopo il 7 luglio quando fu scoperta l’esistenza di una bomba liquida camuffata da bibita analcolica che sarebbe stata usata per far esplodere voli transatlantici. L’MI5 ha documentato in modo straordinariamente dettagliato le fasi preparatorie: ha immortalato i terroristi al lavoro per creare strani dispositivi usando oggetti domestici, tra cui bottiglie di bevande e circuiti di flash di fotocamere.
Nessuno sapeva cosa stessero preparando, finché la sorveglianza non ha rivelato che stavano registrando videomessaggi in cui annunciavano il proprio “martirio in volo“. In quell’occasione le informazioni furono condivise quasi in tempo reale e la polizia si precipitò ad arrestare e incriminare la cellula prima che i dispositivi fossero pronti. Il successo dell’Operazione Overt fu la dimostrazione che i complotti potevano essere sventati in tempo.
Oggi Tony Blair, che era premier quando si i 4 kamikaze colpirono Londra, sostiene che il Regno Unito è un Paese più sicuro di vent’anni fa, ma i social media rappresentano una sfida importante. “Siamo molto più sicuri dal terrorismo perché i servizi di sicurezza hanno un sistema molto efficiente”, ha dichiarato l’ex leader laburista alla Bbc, pur ammettendo che il problema persisterà finché esisterà il radicalismo e che il Regno Unito dovrà affrontare la minaccia terroristica per “un tempo considerevole”. “Ma è importante che, nell’affrontarla, lo facciamo con fermezza, ma in un modo che protegga gli elementi essenziali della società”, ha aggiunto. L’attacco è avvenuto mentre Blair si trovava a Gleneagles, in Scozia, con l’allora presidente degli Stati Uniti George Bush Jr., per partecipare al G8.