AGI – Nessuno come lo splendido e regale Mammut del Castello rappresenta al meglio lo spirito dell’Aquila che freme in attesa di essere la capitale italiana della cultura del 2026. Carlo Paglia, giovane guida che ci accompagna nel bastione est della fortificazione spagnola cinquecentesca, spiega che il mammifero risalente a 1.300.000 anni fa, uno degli esemplari più completi d’Europa, “è l’unico gioiello visibile al pubblico” in attesa che dall’anno prossimo vengano via via riportate ‘a casa’ anche le altre meraviglie del Castello.
“Il terremoto del 2009 non ha danneggiato in modo serio il suo scheletro, solo alcune ossa presentavano delle lesioni che sono state riparate” dice Paglia, raccontando le perizie del fossile che, proprio come L’Aquila, ha dovuto districarsi tra passaggi impervi riuscendo sempre a resistere con fierezza. A una prima occhiata non si direbbe ma il Mammut ha convissuto per tanti anni con una fragilità: “Era un maschio di 55 anni di circa cento chili che ebbe una vita sfortunata – dice Paglia, indicando un ‘dettaglio’ nella parte superiore del mammifero -. Gli manca una zanna e questo ha comportato una sorta di ‘artrosi’, sbilanciandone la camminata. Soffri’ di un’infezione, si vede la cicatrice sull’alveolo e visse dieci anni con sofferenza”.
Idolo di famiglie e bambini, il Mammut, scoperto in una conca aquilana nel 1954, è ben saldo al suo posto in attesa del rientro della collezione principale delle opere ospitate nel Museo Nazionale d’Abruzzo ma anche in diversi musei della regione e all’estero.
Carla Canali, guida turistica da 38 anni, afferma che “i danni derivati dal terremoto del 2009 si spiegano col fatto che nel ‘900 qualcuno aggiunse ai corpi di fabbrica degli edifici nuovi che sono ‘crepati’ a causa del sisma e hanno provocato problemi alle murature che erano alle spalle”.
Camminando per le strade della città, in un azzurro limpido dolcemente mosso dall’aria fresca delle montagne sullo sfondo, si scorgono, a volte tra le impalcature dei cantieri, affreschi e dipinti sacri. “Si susseguono architetture varie per via delle ricostruzioni necessarie dopo i terremoti – prosegue Canali -. Ci sono santi e madonne per la città messe da chi sopravviveva, come ringraziamento per essere scampati alla morte”.
Così dal Castello in pochi minuti, in questo alternarsi e sovrapporsi di stili, si arriva alla basilica di San Bernardino, che abbaglia gli amanti del barocco e ha riaperto al pubblico nel 2019 dopo le dolorose lesioni alla cupola e alla torre campanaria. È qui, sulla scalinata dai gradini bassi e profondi, che si svolgono gli appuntamenti estivi del cartellone culturale, luogo di socialità amatissimo dagli aquilani.
“Speriamo molto nel 2026 come anno della rinascita, stiamo pensando a dei tour ‘speciali’ per chi verrà a visitarci- auspica Canali -. Il terremoto e il Covid sono stati dei colpi tremendi. Dopo il sisma, per qualche anno noi guide non abbiamo lavorato. Sicuramente sono stati fatti tanti lavori e profusi tanti sforzi, mi piacerebbe che si valorizzasse di più quello che è il mio luogo del cuore, la piazza. Vorrei che tornasse com’era”.
Arriva in lontananza la musica dal palco dove in serata si esibirà Serena Brancale nell’ambito del Festival ‘Cantieri dell’Immaginario’. Canterà la sua hit estiva ‘Serenata’ a una città che ha voglia di far innamorare chi verrà a scoprirla nella sua indomita bellezza, nonostante tutto.