sabato, Luglio 27, 2024
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Dialogo al femminile tra forma, essere e IA, ecco le sculture di Roberta Morzetti

AGI – Il femminile e l’Arte. La ricerca della forma e l’io, la scultura e l’intelligenza artificiale. A coniugare reale e virtuale, estetica e interiorità è l’opera della scultrice Roberta Morzetti, in mostra alla Basile Contemporary di Roma da giovedì 13 giugno. Una personale dell’artista dal titolo “6_24”, con il numero sei che indica l’essere più profondo, da scovare dentro di noi e con il quale connettersi. Un percorso che ha l’obiettivo di far riflettere lo spettatore sulla moderna sovrapposizione del virtuale sul reale. Curata da Marco Giammetta con Rosa Basile e arricchita da un testo storico critico di Silvano Manganaro, l’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino al 13 luglio 2024.

 

“Roberta Morzetti è una delle pochissime donne scultrici italiane completamente dedicata a un lavoro complesso e fisicamente deteriorante, che lei utilizza come strumento di espressione della contemporaneità e di emancipazione. Il nostro è stato un incontro tra donne, e tra donne abbiamo riflettuto sul rapporto tra essere e apparire, tra il dire e il fare, tra la bellezza esteriore e interiore, condividendo una visione unitaria sul senso dell’io”, ha affermato Basile. All’interno della galleria romana verranno esposte 15 opere scultoree che chiamano alla mente forme umane, simboli e immagini, le quali rappresentano un ponte metaforico tra l’io vissuto più profondo e la forza evocativa di una bellezza che non mira ad avere compiacimento, ma a stimolare riflessioni e suggestioni, amplificate da costanti riferimenti mitologici. 

 


Morzetti indaga sul vissuto dell’essere umano, dando vita a un’esposizione che si presenta come un vero e proprio percorso di consapevolezza alla scoperta della propria bellezza interiore. Il profondo rapporto con l’interiorità che spinge l’artista a scavare nella propria anima nasconde un importante messaggio contro la superficialità e la ricerca ossessiva della perfezione esteriore, che alimentano la vanità e la fame di consenso, ostacoli alla vera libertà. Il fine principale di Morzetti è quello di portare l’osservatore – con innocente sincerità – a “vedere”, senza filtri,
i segni provocati dalle esperienze della vita e riflettere sul valore terapeutico che il dolore può generare, se vissuto come occasione e non come sconfitta.

 

 

Il lavoro dell’artista che emerge in “6_24” si basa su un continuo confronto tra linguaggi semantici diversi, quello dell’io e quello della comunicazione che, senza mai sovrapporsi, trovano la strada per connettersi e raccontare una storia. Dalle sculture in mostra emergono le doti compositive dell’artista, così come la maniacale capacità di modellazione della materia, la minuzia dei particolari e l’uso di elementi organici, dettagli che generano nelle opere un’armonia tra lo stile che esprimono e il patrimonio culturale e morale da cui prendono vita, proveniente dalla tradizione scultorea propria del territorio in cui vive e lavora l’artista.

 

L’uso della fiamma deforma, distorce, plasma le opere, lasciando spazio a quel “dentro” che trasfigura l’immagine e scopre nervature, connessioni che si intrecciano alterando la neutralità del colore bianco, prediletto dalla scultrice. Il colore per Morzetti non è semplicemente una manifestazione fisica della luce che l’osservatore percepisce passivamente dall’esterno, ma è anche e soprattutto un’elaborazione dell’occhio e quindi della mente umana. Una visione goethiana che porta Morzetti a scegliere il bianco, in quanto colore della vita e della rinascita per la cultura occidentale, ma anche colore della morte per la cultura orientale. Un colore che in sè racchiude tutti i colori e che grazie alla sua neutralità rimarca con forza il rapporto tra chiaro e scuro, tra luce e ombra, caratteristica propria dell’Arte scultorea del periodo barocco.

 

“Nel lavoro di Roberta Morzetti, la materia viene consapevolmente fatta oggetto di una alterazione e, potremmo dire, di un declassamento. Non più l’elemento nobile e prezioso della scultura tradizionale, ma qualcosa legato alla contemporaneità che, pero, subisce una metamorfosi, una mutazione: la mutazione della materia che diventa mutazione del corpo. Proprio come Icaro che, tentando di elevarsi sopra tutti gli altri per raggiungere il sole, scioglie le proprie ali e precipita rovinosamente a terra dando vita allo stesso tempo al suo “capolavoro” (divenendo cioè metafora di ogni spinta verso l’alto, di ogni volontà di elevarsi oltre la propria condizione), cosi la materia e i corpi della Morzetti, nel loro disfacimento, mirano alla stessa, drammatica, tensione” ha concluso Manganaro. 

 

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